MOSTRE/EXIBITION – Omaggio a Carlo Mazzacurati

Carlo Mazzacurati è spesso definito come il “poeta degli umili e degli irregolari”.

Quando si parla di cinema italiano spesso si allude ad un tipo di provincialismo che parrebbe indulgere sui vizi e i limiti culturali della cosiddetta civiltà italica; a fronte di ciò l’opera di Mazzacurati costituisce un’eccezione in quanto essa è squisitamente provinciale quanto radicata universalmente nel mondo degli umili e degli irregolari.
Nei film di Mazzacurati è la ragione dei perdenti a condurre il gioco, sia essa affidata alla rabbia picaresca dei due ladri crepuscolari di sacre icone o all’ostinata solitudine di Vesna, la giovane ceca che non si rassegna al proprio destino, che è di tornare, sconfitta, al proprio paese. Opporsi al mondo che la respinge, fuggire dall’uomo che l’ha accolta nella sua casa sono atti comunque estremi che Mazzacurati scandisce senza sovrapporvi un punto di vista sulla realtà estraneo alla natura e alla cultura della protagonista.

Quello di Mazzacurati è uno stile che appunto definiamo minimalista consapevole del fatto che le sue ascendenze non riflettono per nulla la tradizione americana, che è perlopiù basata sulla poetica dell’io narrativo per cui è possibile parlare più di realismo minimalista.
Sia che si pongano fuori dalla legge degli uomini e della morale, sia che si contrappongano a talune forme di violenza o di sopraffazione i personaggi di Mazzacurati sono ugualmente destinati a soccombere in un mondo spesso cinico e ipocrita. É la moralità degli umili che non si schierano dalla parte di coloro che detengono il potere, e in questa sorta di utopia mancata risiede l’originalità del pensiero del Regista
Tutti i personaggi del cinema di Mazzacurati attendono che un nuovo ordine morale rivendichi, legittimandoli, i loro gesti, le loro azioni in nome di un’idea di libertà tanto più necessaria quanto affidata a margini esigui di sopravvivenza.

Lucia Baldini fotografa, che nell’ambito dello spettacolo ha trovato negli oltre trenta anni di attività il suo linguaggio peculiare, con questo lavoro stringe il patto di guardare la realtà facendosi prestare lo sguardo di un altro.
”È bello scoprire, con Lucia Baldini, come la fotografia, oggi così propensa a pubblicizzare i fasti dell’apparenza più che a rappresentare l’essere, in realtà non abbia perso la capacità di cogliere immagini della vita interiore. Questa è forse la caratteristica più forte delle foto di Lucia Baldini – tutte, indistintamente, sia che esse parlino di luoghi, architetture, sguardi, sia che si fissino su musicisti di provincia e di ribalta o su corpi in movimento” (Enrico Gatta – La Repubblica).

Questa mostra è per me una nuova preziosa occasione per rendere omaggio a Carlo Mazzacurati, a cui personalmente devo molto soprattutto per la sua straordinaria umanità e mi auguro che sia un ulteriore stimolo per ricordare la bellissima pagina che ha scritto per il cinema italiano.

Da fotografa che frequenta assiduamente “ribalte” da un consistente numero di anni, l’ingresso nel mondo del cinema è stato una grande novità e anche un bel regalo. Ho conosciuto la diversa dimensione di raccontare e la particolare umanità del cinema, come fotografa, grazie all’incontro con Carlo Mazzacurati, lavorando per i film La Giusta Distanza e La Passione. La particolarità di questo incontro è che mi sono trovata nella piacevole condizione che il mio coinvolgimento sia andato ben oltre i mesi di ripresa del film, perché in entrambi i casi tutto è iniziato l’anno precedente attraverso la lettura della sceneggiatura e i sopralluoghi, permettendomi così di dare il mio contributo nell’interpretazione della scrittura attraverso delle visioni.

Incontrare Carlo Mazzacurati è stato un immergersi delicato e sensibile in una narrazione poetica e intima continua. Il suo osservare e raccontare dei suoi film la provincia, i vizi, i mali e i pregi andando a individuare le storture e dando comunque spesso la possibilità di trovare del positivo nei luoghi meno consueti, l’amore per un territorio estraniante e magico dal punto di vista paesaggistico, quale è il delta del Po, che è allo stesso tempo un luogo di inadeguatezze e di inquietudini dal punto di visto umano, sono stati senz’altro elementi appassionanti in cui immergersi e lasciarsi coinvolgere.

È stato l’ascoltare e l’assorbire le modalità e il narrare di Mazzacurati che mi ha permesso di creare immagini a volte strettamente legate al lavoro di ripresa cinematografica, e allo stesso tempo la libertà di poter percorrere un viaggio parallelo ma autonomo, alimentato dalle stesse suggestioni, dai paesaggi, dalla storia raccontata e dai dettagli che attraversavano la costruzione della storia cinematografica de “la Giusta Distanza”, che si stava compiendo.

Elementi che caratterizzano questo lavoro sono:

per “La Giusta Distanza” il territorio, il delta del Po che in alcuni casi acquisisce un ruolo dominante sulle scene. Un racconto che va a indagare anche delle dinamiche sociali legate all’identità del luogo: il Polesine attuale. Ma è soprattutto l’idea della provincia legata ai ritmi della campagna e della pesca in cui una ricchezza improvvisa determinata da finanziamenti europei ha costruito una contraddizione di comportamenti sociali che vengono evidenziati nel film e in alcuni immagini in mostra.

Gli attori visti più nell’ottica di raccontare l’umanità del personaggio interpretato che non nell’idea divistica dell’attore, questo anche attraverso i luoghi in cui si svolgono le tappe principali del film. L’integrazione con persone che vengono da culture e Paesi diversi. Il senso di estraniamento e di desolazione in cui alcuni personaggi vivono il loro quotidiano.

Tutto questo raccontato da due punti di vista diversi: il sopralluogo con Mazzacurati, basandosi sulla sceneggiatura per avere invece stimolo per costruire suggestioni visive, evocazioni emotive, narrazioni intime; la scena più o meno legata a momenti del film e il costruire la scena attraverso il lavoro corale della troupe stretti a fianco del regista.

La modalità di questa narrazione si avvale a volte della costruzione di mosaici di immagini di formato diverso che nella loro peculiarità costruisco un corpo unico che rende la scena vista al cinema a tutto tondo, entrando e uscendo dalla narrazione attraverso il reale e la finzione.

Le foto sono state scattate in tre momenti diversi: nel 2005 durante il lavoro sulla sceneggiatura del regista attraverso un sopralluogo per raccogliere le atmosfere del Delta del Po in pieno inverno. La nebbia impenetrabile come ambito da cui fuggire ma anche un nascondiglio che permette ogni tipo di intolleranza verso l’Altro.

La seconda nell’inverno del 2006 durante le riprese del film e la terza sempre nel 2006 andando ad indagare e approfondire alcuni elementi evidenziati nella trama del film.

La sezione dedicata al film “la Passione”.

La Passione, esperienza che si costruisce in due momenti: quello della realtà di una processione del venerdì santo del 2008, che ha coinvolto gran parte della popolazione di un piccolo borgo della Toscana, di cui Mazzacurati ha curato la regia “teatrale”. Una piccola comunità che si mette in gioco per celebrare nelle vie del paese questa un momento religioso, ma anche sociale e collettivo.

E poi quello del 2009 in cui La Passione è stata scritta ed è diventata il film che Mazzacurati ha diretto. Le due Passioni hanno però molti punti di contatto tra loro: l’ironia, l’intensità, il coinvolgimento di un numero importante di attori e figuranti, la pioggia e la Toscana.

Entrambi i lavori partono dalla ripresa fotografica digitale dove il colore è l’elemento narrante principale, interrotto occasionalmente da alcuni interventi in bianco e nero.

La mostra è molto ampia: attraverso l’interazione di oltre cento scatti di dimensioni ogni volta diversa, compongono l’istallazione di trenta micro mosaici rendendo le atmosfere della storia, dei luoghi, del lavoro degli attori e della troupe, e la capacità di Mazzacurati di cucire assieme elementi ogni volta nuovi e in movimento e trasmettendo ad attori e troupe l’essenza e la complicità del suo creare e operare.